Quali sono le differenze tra racconto e romanzo?

La principale differenza tra romanzo e racconto sta nella lunghezza: il romanzo ha molte più pagine. A questa lunghezza corrisponde una maggiore profondità nell’analisi dei personaggi, nella trama, nell’intreccio delle vicende dei personaggi, sia sul piano spaziale (cioè dove i personaggi si muovono), sia su quella temporale.

Molti scrittori in erba, esordienti o alle prime armi, non sanno se scrivere un racconto o un romanzo, per iniziare a cimentarsi con la narrativa.

Va subito chiarito un aspetto: in Italia i racconti sono molto meno letti dei romanzi, e gli editori preferiscono i secondi.

Si tratta di un mero gusto letterario, legato anche a logiche di mercato. Non accade lo stesso negli Stati Uniti, ad esempio, dove le “short stories” sono considerate parecchio dalla critica e dal pubblico e hanno pari dignità (per cui ricevono lo stesso trattamento editoriale, in termini di attenzione e di marketing).

Da un punto di vista stilistico e formale si tratta di due forme di narrazione in prosa, per cui si distinguono dalla poesia (in versi) e dal teatro.

Entrambe raccontano una storia che ha lo scopo di catturare l’immaginazione del lettore (almeno quando viene scritta bene, seguendo i canoni della narratologia contemporanea).

Ma quali sono le differenze tra un racconto e un romanzo?

La lunghezza

Un racconto è inferiore di norma alle 30.000 parole. Tra 30.000 e 50.000 si può parlare di racconto lungo o romanzo breve. Il romanzo è sopra le 50.000 parole e a seconda del genere si può tranquillamente arrivare a 150.000 parole.

La lunghezza definisce anche la forma editoriale con la quale si presenta l’opera. Il racconto – essendo breve – può essere raccolto in una collezione o antologia, a volte tematica, legata da un filo conduttore. Nelle raccolte di racconti di norma ce n’è uno che per lunghezza e importanza supera gli altri e definisce l’opera.

È il caso del racconto “I Morti” di James Joyce presente nella raccolta “Gente di Dublino” (Dubliners), oppure “Rapporto di Minoranza” rispetto alle raccolte di racconti di fantascienza di Philip K. Dick.

La trama

Un racconto ha una trama più semplice nel senso che si tratta di solito di un solo filo narrativo, che l’autore dispiega nelle poche pagine a disposizione.

Il romanzo, essendo più arioso, consente di sviluppare delle sottotrame o usare delle tecniche narrative come il flashback, per alternare dei piani temporali differenti e quindi andare più a fondo in una storia.

La complessità dell’intreccio e del conflitto che anima la storia è nettamente differente. Nel romanzo è ricca, annodata, e necessita di parecchio percorso per essere sciolta.

Nel racconto il protagonista ha a che fare con un solo conflitto (di qualsiasi natura) e la storia gira intorno alle possibilità di risolverlo.

Il romanzo offre ampie possibilità di sviluppare degli intrecci secondari rispetto al principale, offrendo al lettore più punti di vista e più spunti di interesse nella vicenda.

In Italia, essendo un paese che legge poco, si preferisce il romanzo proprio perché lo si considera come un prodotto editoriale in grado di suscitare più interesse, e quindi – alla lunga – vendere di più.

Lo scopo e la premessa

Ogni opera d’arte costruita con un intento ben preciso ha una sua premessa, uno scopo. Nel racconto lo scopo è spesso collegato al personaggio principale che lo anima. La storia è semplice e non presuppone molti obiettivi.

Il racconto viene scelto proprio perché a volte lo scopo e la premessa sono così evidenti (prendi Rapporto di Minoranza, la cui premessa è: non sempre prevenire i crimini può portare dei benefici) da poter essere incorporati in un intreccio con pochi personaggi e poche o nulle sottotrame.

Se invece la premessa coinvolge più persone, perché è tale l’idea che ne ha l’autore, allora essa avrà bisogno di più personaggi e più vicende per esplicarsi.

Philip K. Dick
Philip K. Dick, maestro dei racconti di fantascienza.

Il piano temporale

Nel romanzo la narrazione può svolgersi su più piani temporali, dipende dalle necessità della storia. Un buon scrittore sa come far scorrere il tempo e si concentra solo sulle scene che contano e che definiscono la storia, ma questa può occupare anche secoli oppure una intera lunga giornata (come nel caso dell’Ulisse di Joyce o Cosmopolis di Don De Lillo)

La caratterizzazione dei personaggi

Sono tante le opere cinematografiche derivate dai racconti, come le già citate novelle di Philip K. Dick per esempio. O ancora alcune delle opere giovanili di Stephen King. La forma del racconto si presta a queste forme di trasposizione, ma non c’è dubbio che la caratterizzazione riguarda al massimo uno o due personaggi.

Nel romanzo, l’autore deve anzitutto preoccuparsi di caratterizzare bene il protagonista e l’antagonista, se esso è presente. Ed è obbligato a farlo perché la storia tira per le lunghe e non deve annoiare.

Insomma, il racconto ha il pregio di essere breve e quindi di annoiare meno, qualora l’autore sbagliasse nella caratterizzazione del personaggio e di come esso si muove all’interno della cornice narrativa.

Il romanzo richiede più impegno nella lettura

Il romanzo è più lungo e più corposo e di norma possiede uno svolgimento stratificato sia sul piano temporale, sia su quello narrativo.

Che sia scritto in prima o terza persona non fa molta differenza. La storia ha una sua complessità di base, che richiede in media 75 mila parole per arrivare alla conclusione.

Per il lettore quindi rappresenta un vero e proprio impegno. Se il romanzo è scritto bene, se la storia è avvincente, la sfida si trasforma in un’avventura stimolante sia sul piano intellettuale, sia su quello dell’intrattenimento.

I romanzi più belli e più riusciti, non a caso, sono quelli che hanno una premessa semplice che mantengono dall’inizio alla fine e delle tecniche di stile riconoscibili, nelle quali ci si ritrova.

A volte l’esperienza di immersione nella lettura deriva dalla capacità dello scrittore di portarti nel mondo che racconta, anche se questo è ordinario in ogni aspetto, ma è il modo in cui ti ci porta che te lo fa sentire.

Nel racconto si avverte meno questa dimensione immersiva, ma un buon autore di racconti e novelle può sfruttare il poco spazio a disposizione per creare dei piccoli capolavori, che diventano gioielli indimenticabili.

In conclusione, quali sono le caratteristiche principali di romanzo e racconto?

Il romanzo è un’opera lunga e profonda, che va oltre la semplice storia cioè la narrazione di una vicenda. Essa dà modo all’autore di strutturare al meglio la premessa, cioè lo scopo e l’intento con i quali scrive l’opera.

Nel romanzo Il Padrino di Mario Puzo, dal quale è stato tratto il capolavoro di Francis Ford Coppola con tanto di celebrato seguito, la premessa è che non è possibile conciliare l’aspirazione a una vita normale quando sei un boss della malavita (la vicenda di Michael che desidera onorare la memoria del padre Vito, ma al contempo vivere una vita familiare normale).

Questa premessa richiede molto spazio: l’autore deve fornirci uno spaccato della vita del protagonista prima che diventi il padrino, ma deve anche dare un indizio su cosa potrebbe accadergli nel futuro, se dovesse ripetere la scelta del padre.

Scelta che ovviamente fa, nel momento in cui Michael – fin lì estraneo agli affari della famiglia Corleone – decide di uccidere Sollozzo e il poliziotto corrotto.

Nel romanzo, la premessa iniziale funge da catalizzatore delle azioni dei personaggi.

Il film è un dramma epico che va oltre il romanzo, ma se lo hai visto e non hai letto il libro, sai bene che la premessa viene mantenuta fino alla fine del secondo film. Per questo sembra ovvia. Eppure regge molto bene.

Coppola, come Puzo, ha necessità di spazio per dare corpo alla premessa e mostrarla attraverso le vicende dei personaggi.

Un racconto invece è molto centrato, ha uno scopo ben delimitato e l’autore si serve di pochi, ma precisi interventi per dare forma all’opera.

A volte capita che l’autore parta con la premessa semplice di scrivere un racconto. Egli ha in mente un argomento, un personaggio, una vicenda e pensa che il racconto basti a narrarla.

Ma poi, andando avanti nella storia, o meglio nella sua progettazione si rende conto che non basta, che ha bisogno di più spazio e più profondità e quindi gli serve il romanzo.

Il romanzo impiega più strumenti e più tecniche senza distogliere il lettore dalla premessa principale o, in termini ancora più semplici, dalle vicende del protagonista.

Ma può anche accadere l’opposto: la storia che aveva in mente si risolve in modo più semplice con una narrazione secca, senza antefatti, sottotrame, flashback.

Se è efficace e funziona, perché no? L’unico avviso che ho da darti è che in Italia, per i motivi sopra esposti, il racconto viene quasi visto come un sottogenere che non merita troppa esposizione, e perciò non riceve adeguata spinta dagli editori.

Se sei un esordiente o una scrittrice alle prime armi, devi assolutamente tenerne conto.

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