Perché è importante andare all’università

L’istruzione personale non è un fattore semplicemente umanistico, di sviluppo personale, di conoscenze acquisite. La società umana, nel corso dei millenni, si è sviluppata e diffusa (raggiungendo un livello nettamente superiore alle altre società animali) grazie alla divisione dei compiti.

La divisione del lavoro, in particolare, consente agli uomini di poter accedere a competenze e conoscenze, che da soli non potrebbero mai possedere.

Se ad esempio ho necessità di fare un’estrazione dentale, non è indispensabile che io, prima di procedere all’estrazione ed eliminare il dolore che tanto fastidio mi crea, passi l’esame di ammissione a medicina, poi mi laurei e quindi mi specializzi in odontoiatria.

Posso continuare a far benissimo il maestro elementare e andare dal dentista, che ha studiato al posto mio. Io pago il frutto del suo studio.

Allo stesso modo, il figlio del dentista, per imparare a leggere e a scrivere, non dovrà necessariamente farlo da solo, comprarsi dei libri a sei anni e mettersi lì a indovinare per caso la sequenza di lettere che formano le parole con una fonetica e regole grammaticali rigorose. Andrà in una scuola dove verrà aiutato e guidato da un insegnante come me. A ciascuno il suo.

Questa introduzione per ribadire un concetto: le società che funzionano meglio sono quelle che adottano criteri meritocratici dove prevale il principio di competenza, anche se a tratti non sembra.

Il merito può essere raggiunto solo dedicando molto tempo allo studio di una particolare disciplina.

Il pianista che suona in un concerto padroneggiando la tastiera con una dimestichezza che a noi appare irraggiungibile, non è solo ricco di talento.

Magari ha l’orecchio assoluto e delle giunture nelle dita che gli consentono di scivolare senza difficoltà tra i tasti del pianoforte. Ma il vero motivo per cui eccelle e quindi suona in quell’orchestra è perché ha lavorato tanto, ha affinato gli studi, progredendo nel tempo nella serie di acquisizioni che gli hanno conferito quella conoscenza dello strumento e delle partiture – in fondo è il suo lavoro – per consentirgli di suscitare tutta quella ammirazione.

Vale in tutti i campi.

Il punto dirimente è che l’Università da sola non esaurisce affatto il campo dell’espansione della conoscenza. Ci sono lavori molto importanti, in cui è richiesta destrezza manuale, intelligenza, prontezza che possono benissimo fare a meno dell’università.

Prendersi cura di un frutteto non richiede per forza la conoscenza dei pesticidi e dei fertilizzanti. Però un contadino esperto sa cosa serve e come usarli.

È ovvio che farà ricorso a prodotti progettati da chimici e agronomi, quindi persone laureate; anche in questo caso c’è un ricorso alla competenza.

La scelta di non studiare all’università non deve essere fatta secondo l’utilità o meno di studiare. Perché un lavoratore studierà sempre, anche quando non gli sembrerà di farlo.

Ci saranno corsi di aggiornamento in azienda, corsi di formazione in ufficio, ci saranno concorsi da superare che presuppongono lo studio.

Quindi se devi scegliere se fare o meno l’università, non devi farlo basandoti sul fatto che non hai più voglia di studiare.

Perché non si smette mai. E minore sarà la tua conoscenza al momento dell’ingresso nel mondo del lavoro, maggiore sarà la mole di studio nel corso della tua carriera lavorativa.

Meglio università o lavoro?

L’università è molto importante perché si tratta di un percorso formativo più avanzato rispetto allo studio affrontato nelle scuole primarie e secondarie.

Stiamo parlando di “specializzazione” e di un momento nel quale l’individuo attua una scelta, secondo le proprie passioni, le necessità economiche, le aspirazioni e il posto che vuole occupare nel mondo.

L’università consente di acquisire maggiori conoscenze, di trovarsi il posto nel mondo, di proporsi agli altri per quello che sappiamo fare, in modo da giocare un ruolo nella società della divisione dei compiti. Ovviamente la frequentazione dell’università e il conseguimento del titolo di studio (laurea) non escludono che:

  • chi si laurea in realtà non raggiunge una competenza davvero affidabile;
  • chi non si laurea o non frequenta l’università non possa essere competente e affidabile.

Dal punto di vista del lavoro, anche dopo l’università, c’è una lunga fase di apprendimento che fa accrescere la propria consapevolezza, tramite l’esperienza.

Dopo anni, questa continua a migliorare, incidendo sulla preparazione professionale del lavoratore, rendendolo più consapevole ed affidabile E ci sono numerose professioni che non necessitano del titolo di studio per essere svolte. Se vuoi aprire un negozio, non hai bisogno di frequentare l’università, questo perché è un lavoro in proprio che non richiede specializzazione.

Ciò non ti impedirà di diventare un commerciante bravo, perché l’esperienza o il talento naturale ti vengono in soccorso, consentendoti di diventare una persona di successo. La formazione vera e propria poi non si limita agli studi.

Nel vasto campo dell’artigianato e delle arti in generale, i giovani usavano andare in apprendistato in una bottega, per imparare i trucchi del mestiere dal maestro – per Michelangelo, Giotto, Leonardo e altri riconosciuti geni artistici, l’apprendistato è stato fondamentale per assicurarsi conoscenze, consapevolezza, specializzazione.

Cosa si studia oggi e a cosa serve fare l’Università

Oggi però l’economia sta cambiando, le trasformazioni sono sotto gli occhi di tutti. Stiamo passando da un modello basato sulla produzione, a un modello basato sui servizi. Dall’industria ai servizi spesso immateriali.

Uno smartphone oggi ha di fatto reso inutili almeno altri cinque o sei oggetti, che fino a venti, trent’anni fa, pensavamo fossero indispensabili (il più classico, la macchina fotografica). L’abbonamento telefonico sostituisce 5-6 prodotti indirettamente.

In questa tipologia di economia le competenze universitarie sono importanti, ancora meglio se accresciute con un dottorato o un master, perché tutte le ricerche dimostrano che a titoli di studio più importanti e più prestigiosi, corrispondono carriere lavorative migliori, sotto ogni punto di vista.

Inoltre, per chiudere, studiare all’università consente di maturare, crescere, avere una versione del mondo più “laica”, ci si forma un pensiero indipendente, si acquisiscono conoscenze che possono schiudere un mondo e farci diventare appassionati di una materia, che poi diventerà il nostro lavoro. E non c’è cosa migliore da fare che trovare un lavoro che ci piace.

Quali sono i percorsi alternativi all’Università

Se gli studi confermano che gli stipendi più alti vanno appannaggio di chi possiede titoli di studio più elevati, è vero che si sopravvaluta l’importanza del proprio titolo di studio rispetto al primo lavoro che si fa e al suo stipendio.

Non è vero in sostanza che senza laurea non si va da nessuna parte.

Basta anche scorgere le percentuali degli occupati nelle statistiche presentate da ogni Ateneo al circuito AlmaLaurea, per capire che spesso si finisce per fare qualcosa di diverso rispetto all’indirizzo scelto all’università.

Questo dipende da vari motivi, ma il principale è che “il lavoro ha la precedenza su tutto“. Cioè l’occasione di poter lavorare prima e subito dopo la laurea, precede ogni altra considerazione sul merito dello stesso, se cioè corrisponda alle proprie aspirazioni.

È grave da un certo punto di vista, perché si rischia di vanificare un quinquennio di studi, ma ciò dipende da motivi che esulano dalla scelta individuale e vanno a ricadere nelle strategie che una collettività si dà per andare avanti.

L’Italia è un paese che attribuisce molta importanza alla cultura classica, in tutte le sue forme e forse non a torto, considerando il passato del paese, ma poi si domanda come mai ci sia penuria di personale con lauree tecnologiche. O come mai c’è poca domanda complessiva rispetto al panorama internazionale.

Un altro problema è che la laurea è da sempre stata vista come la soluzione ideale per trovare lavoro, ma non sono mai stati superati i problemi di avviamento professionale una volta terminato il percorso accademico, anche riducendone la durata.

Le politiche lavorative hanno solo riguardato la flessibilità del lavoro esistente (quindi cedendo diritti in cambio di occupazione non stabile), e non la creazione di altri lavori (cioè sostenendo la ricerca pubblica e favorendo quella privata) se non appunto in cambio di una cessione dei diritti.

L’Italia è un paese assente dalla scena delle grandi aziende digitali, per fare un esempio, un nano rispetto a realtà come la Lituania, per citare un paese più dinamico sotto questo profilo.

I percorsi alternativi all’università classici sono quelli dati dai corsi di formazione, meglio se riconosciuti.

La formazione in Italia è a carico delle regioni che finanziano ogni anno dei corsi relativi alla formazione di personale da inserire in determinate aree professionali.

Questi corsi sono molto importanti perché in genere sono legati alla richiesta di forza lavoro (manuale e intellettuale) in diversi ambiti, secondo la contingenza del lavoro.

Quindi il consiglio, se si decide di non proseguire gli studi dopo le superiori o il liceo, è quello di verificare i corsi che attribuiscono un certificato che può essere fatto valere in sede di assunzione.

Se si ha una piccola somma da parte, meglio investirla in un corso di formazione anziché cercare online corsi di formazione gratuiti che portano a nulla. Cerca nel sito della tua regione per vedere come viene gestita la formazione e qual è il calendario dei corsi finanziati. Esistono diverse modalità attraverso le quali gestire questi corsi, e nella maggior parte dei casi o sono gratuiti o costano poco.

Se invece propendi per l’Università puoi leggere: quale università fare.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.